l respiro fonte della vita. Uno sguardo tra Occidente e Oriente
Pubblicato da Marc Candoli in Conferenza · Sabato 04 Ott 2014
Il respiro è la fonte della vita e respirare è la funzione che ne è sinonimo per
eccellenza: iniziamo la nostra vita con un’inspirazione e la concludiamo con
un’espirazione.
Possiamo resistere anche settimane senza mangiare, giorni senza bere, ma possiamo
stare solo pochi minuti senza respirare e, pur non accorgendocene, inspiriamo ed
espiriamo circa 21600 volte al giorno.
Nella nostra cultura non veniamo “educati” al respiro sebbene la respirazione sia una
funzione essenziale, che richiede cura e attenzione, perché il respiro non è solo il
sostegno della vita, ma è anche fonte di equilibrio e di armonia interiore.
Respirare in maniera completa è segno di salute e, se respirassimo in maniera
completa, come naturalmente facevamo da bambini, difficilmente da adulti
soffriremmo di tutta una serie di disturbi come la stanchezza cronica, la depressione o
l’ansia.
La respirazione riflette il nostro livello energetico e ciò che siamo.
Quasi tutti gli esseri umani ad un certo momento della vita, per lo più
inconsapevolmente, si trovano ad inibire o a distorcere la respirazione per adattarsi
emotivamente alle richieste del mondo esterno. Generalmente questo accade entro i
primi sei anni di vita, ad esempio quando siamo chiamati ad adattarci a modelli
educativi imposti dagli adulti (di fronte ai quali i bambini si trovano a inibire la loro
naturale spontaneità o i loro veri bisogni) o di fronte a eventi traumatici.
Il respiro è anche intimamente legato ai nostri stati emotivi ed infatti se siamo
rilassati respiriamo lentamente e senza sforzo, se abbiamo paura inspiriamo a scatti e
tratteniamo il respiro, se siamo ansiosi respiriamo con la parte alta del torace e molto
velocemente; accade quindi che adottiamo specifici schemi respiratori per ogni
situazione, ma, quando ciò avviene inconsapevolmente, alcuni schemi respiratori si
cristallizzano fino a diventare lo specchio della personalità.
Queste reazioni comportamentali di inibizione e condizionamento (che influenzano,
come detto, la respirazione) diventano poi la “normalità” e cioè un nuovo modo di
vedere, di vivere ed interpretare il mondo e perdiamo progressivamente il contatto
con la nostra vitalità e con la coscienza del nostro intimo potenziale sia a livello
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fisiologico che psicologico.
Ecco qualche esempio di schema di adattamento.
Portando in dentro la pancia, magari irrigidendola, si isolano sentimenti penosi come
la tristezza, la malinconia e la paura: una “pancia piatta” sarà forse bella
esteticamente (secondo i canoni attuali), ma spesso denota una mancanza di pienezza
di vita e sopratutto tensioni delle fasce muscolari addominali; ne risulta inibito il
flusso verso il bacino delle sensazioni legate al piacere e alla capacità di abbandono e
anche il fluire dell’energia vitale verso le gambe, fenomeni che generalmente non si
riscontrano in chi possiede una pancia arrotondata e morbida. Un torace rigido, poco
mobile e “gonfiato”, sebbene ad una prima impressione possa rimandarci l’immagine
di una persona ben affermata, nasconde spesso un soggetto con insicurezze più o
meno consapevoli; in questo caso, irrigidendo la zona toracica, l’individuo escogita
una modalità inconscia per non entrare in contatto con emozioni profonde e dolorose
e la rigidità del torace sottopone generalmente il cuore a stress con le conseguenze
che ne possono derivare.
La respirazione indica i ritmi fondamentali del corpo ed è espressione anche della sua
spiritualità.
La Bibbia dice che quando Dio creò l’uomo prese un pezzo d’argilla e vi soffiò la
vita.
Ciò richiama l’idea che l’aria contenga una forza vitale, un elemento fondamentale
per la vita che gli Indiani chiamano “Prana”, i Cinesi il “Chi”, i giapponesi il “Ki”, gli
antichi greci chiamavano “Pneuma” e William Reich, padre della moderna
psicosomatica e maestro di Alexander Lowen (fondatore della Bioenergetica),
“Orgoni”. L’energia, sinonimo della vita, è quell’essenza che fino ad un attimo prima
della nostra morte è presente e un attimo dopo è svanita.
L’aspetto energetico-spirituale della respirazione è ciò che accomuna tutte le tecniche
di crescita personale e di sviluppo psico-spirituale sia di matrice occidentale che
orientale: tutte queste discipline, pur con diverse modalità, sono attente al recupero
della nostra respirazione completa, che consente di liberare la nostra energia vitale e
ricontattare sentimenti profondi verso noi stessi, i nostri simili e il Cosmo.
Secondo la visione occidentale comune il respiro si esplica in due fasi, una fase di
espansione e una di contrazione. L’espansione (che corrisponde all’inspirare) si può
associare al prendere, al fare proprio e all’affermare un proprio diritto. La
contrazione (durante l’espirazione) si associa al lasciar andare e al lasciarsi andare.
Respirare profondamente vuole dire anche “sentire” profondamente: più respiro più
sento, ma, come vedremo poi, le fasi della respirazione, secondo le antiche tradizioni,
in realtà sono quattro.
In questo nostro intervento limiteremo l’osservazione ad alcuni aspetti della
respirazione riconducibili alla Bioenergetica e allo Yoga.
Per chi non la conoscesse, un breve cenno alla Bioenergetica (vi rimando per una
descrizione più completa all’articolo sulla pagina Bioenergetica sul sito
www.artediessere.it): nasce alla fine degli anni Cinquanta ed è una tecnica di
psicoterapia che considera la mente e il corpo come due aspetti della stessa unità.
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Il suo fondatore, Alexander Lowen, aveva compreso che il corpo si struttura, si
forma e cresce in base allo sviluppo del carattere: cioè il corpo, la sua postura, le sue
tensioni muscolari e il modo di respirare sono il frutto della storia, dell’educazione e
delle credenze che hanno caratterizzato nel profondo la vita di ogni individuo; e,
siccome non tutto quello che si è chiamati a vivere è armonico, adeguato o rispettoso
della nostra natura e identità, ecco che il corpo può ritenere necessario trattenere in sé
delle cose o a volte mettere in atto dei meccanismi di difesa.
Cerco di chiarire quello che ho appena affermato: nell’infanzia si esprimono le
emozioni e i sentimenti attraverso il movimento (i bambini spontaneamente
piangono, urlano, protendono le braccia, pestano i piedi), ma quando si inibisce la
capacità di farlo (a causa di divieti, condizionamenti familiari o sociali, traumi etc…)
le fasce muscolari preposte all’espressione dei sentimenti si bloccano e quindi si
creano tensioni muscolari, che trattengono ciò che non è stato espresso o rimangono
in tensione anche dopo che si è attraversata una situazione di pericolo reale o vissuta
come tale.
Cercando di semplificare, potremmo dire che spesso in una tensione muscolare c’è
un’emozione trattenuta e questo, sul piano psicologico, si potrà tradurre, ad esempio,
in un distacco emotivo di fronte a certe situazioni o in una grande attitudine alla
resistenza o ancora nell’incapacità ad esprimere ciò che si prova. Ma così facendo
anche la spontaneità, i talenti e la vitalità in parte si bloccano o rimangono latenti (o
nei casi più estremi quasi “se ne vanno via”) e tutto questo influenzerà
inevitabilmente sia il respiro che il corpo.
Lo scopo primario della Bioenergetica - per quanto riguarda il respiro - è quello di
ripristinare la respirazione originaria (che coinvolge il corpo dalle pelvi alla gola) in
modo da restituire al sistema “uomo” il suo potenziale energetico, vitale e emotivo.
Torniamo ora alla respirazione e alle sue inibizioni e condizionamenti.
Le reazioni comportamentali di inibizione e condizionamento se inconsapevoli
possono diventare la “normalità” e in questo modo la persona è condotta a vedere e
interpretare il mondo in modo condizionato e inibito: perde la consapevolezza della
propria vitalità e perde anche la coscienza del proprio potenziale sia a livello
fisiologico che psicologico.
Ritengo utile accennare alle cinque strutture caratteriali e alle loro cinque ferite
originarie individuate da A. Lowen per portare qualche esempio concreto rispetto ai
risultati dei condizionamenti che coinvolgono la respirazione.
Tipologia caratteriale schizoide o cerebrale. Il diritto negato è quello ad esistere.
Questa struttura si sviluppa generalmente entro i sei mesi di vita quando il bambino si
trova accolto da una madre ostile e fredda, che in qualche maniera lo rifiuta; il
bambino, percependosi in un ambiente ostile, si sente costantemente minacciato e
così deve ritirarsi all’interno di se stesso, inventarsi un suo mondo interno per
sfuggire a quello esterno e non sentire così il terrore. Il paradosso di questa struttura
caratteriale è che “per esistere non deve esistere”. Tutta la sua energia vitale si ritirerà
verso la testa per non sentire il corpo e così, crescendo, si identificherà con le sue
idee; tendenzialmente potrà diventare un creativo, un intellettuale oppure un mistico.
Come meccanismo compensativo avrà l’illusione di “essere speciale”.
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In questi casi si riscontrano contrazioni a giunture, collo e diaframma e ciò si riflette
nella respirazione, che sarà estremamente “superficiale” con un’inspirazione modesta
legata alla difficoltà a “portare dentro” e ad avere contatto con il mondo esterno,
preferendo piuttosto tagliarsi fuori dal mondo che ancora percepisce ostile.
Tipologia caratteriale orale o dipendente. Il diritto negato è quello ad avere bisogno.
Questa struttura si manifesta tra sesto e il diciottesimo mese di vita; siamo di fronte ad
a un bambino che è stato bene accolto, ma che si sentirà deprivato di affetto,
nutrimento e attenzioni (che la madre non gli fornisce in modo sufficiente o adeguato
ai suoi bisogni) e, per non sentire il dolore di queste mancanze, si strutturerà intorno
al paradosso “bisogno di non avere bisogno”. Crescerà con una carica energetica
molto bassa cioè il corpo sarà come scarico, con una tensione cronica alla mascella e
alla gola, le braccia saranno deboli, il bacino tenderà ad andare in avanti, la
sensazione generale è quella di denutrizione. La respirazione tenderà ad essere è
debole e molto superficiale (questo per non sentire i propri bisogni); la tipologia orale
non è in grado di reggere un livello energetico alto e dunque di respirare in maniera
profonda.
Tipologia caratteriale masochista o sottomessa. Il diritto negato è quello ad imporsi.
Il carattere masochista si origina nella fase dove il bambino (tra il diciottesimo e il
ventiquattresimo mese di vita) inizia a rivendicare un’identità personale, quindi a dire
i primi no, ma la madre non glielo consente perché ha un forte bisogno di mantenere
il proprio potere nella relazione con il figlio; per non percepire la rabbia che questo
atteggiamento materno genera in lui il bambino svilupperà una struttura muscolare
idonea ad imbrigliarla, rinunciando cosi alla propria auto-assertività; da adulto
manifesterà un carattere improntato alla comprensione dell’altro e si sacrificherà per
compiacere il suo prossimo nella convinzione che “se sono bravo sarò amato”, ma
diventerà anche lamentoso e provocatorio in modo da scatenare negli altri
atteggiamenti improntati alla rabbia ed essere così a sua volta autorizzato a reagire ed
esprimere la propria ira tenuta ben nascosta. A livello corporeo si riscontrerà
generalmente una forte tensione alla gola e nel collo, che appare come “insaccato”, il
torace e diaframma tesi, le pelvi rigide. Il corpo risulterà molto muscoloso, come
fosse compresso e questo sarà ben visibile nella schiena. La difficoltà nella
respirazione è nella fase di espirazione, poiché il soggetto ha difficoltà a “lasciare
andare”, in quanto abituato a trattenere emozioni e respiro.
Tipologia caratteriale psicopatica o dominante. Il diritto negato è quello ad essere
autonomo. Il carattere psicopatico/dominante si sviluppa a seguito della
manipolazione operata sul bambino (tra il diciottesimo mese e il terzo anno di vita )
da parte del genitore del sesso opposto, attraverso una sorta di seduzione, cioè il
bambino è chiamato in qualche maniera a sostituire il genitore (ad esempio ciò si
riscontra spesso nelle coppie che si separano quanto il bambino diventa il principino
della mamma o la bambina la principessa del papà) e questo crea nel bambino uno
sfalsamento del senso di realtà e un’illusione di potenza, che nell’adulto si tradurrà in
un’incapacità ad abbandonarsi e a chiedere .
In questa struttura caratteriale si riscontra nel corpo uno spostamento dell’energia
verso l’alto, con spalle e torace ipertrofici e forti tensioni alla base del cranio; le
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gambe e soprattutto le caviglie saranno molto deboli visto che l’illusione di potenza
non è supportata da dati di realtà. La sua respirazione è alta e superficiale, il
diaframma è bloccato verso l’alto, ciò per non sentire il vuoto interiore; la difficoltà è
nella fase di espirazione, conseguenza dell’incapacità ad abbandonarsi ed al bisogno
a mantenere il controllo.
Tipologia caratteriale rigida. Il diritto negato è quello ad amare sessualmente. È la
struttura caratteriale più matura, che ha attraversato le varie fasi del suo sviluppo in
maniera soddisfacente. La frustrazione all’origine del diritto negato nasce all’inizio
della fase edipica, quando il bambino si protende verso il genitore di sesso opposto
con tutto il suo essere; il bambino non conosce la differenza tra il suo cuore e i suoi
genitali, ma genitore sessualmente frustrato o “irrisolto” può non rispondere
adeguatamente alla richiesta di contatto del figlio e sentirsi “minacciato” dalla
sessualità del bambino e, inconsciamente, respingerlo; diventata adulta la persona
rigida avrà difficoltà a legare sentimenti e sessualità, perché quando si sente coinvolta
emotivamente avrà difficoltà a tradurre i sentimenti attraverso la sessualità. La
respirazione della tipologia rigida sarà alta, con un certo grado di tensione
nell’addome e anche in questa struttura troveremo una difficoltà all’espirazione,
dunque all’abbandono.
La descrizione che precede è indubbiamente schematica e molto parziale, ma
finalizzata a porre l’attenzione sullo stretto rapporto che esiste tra mente, corpo e
respirazione.
Come già abbiamo accennato, il corpo può essere guardato anche come la
materializzazione dell’anima, cioè di ciò che siamo; la forma del corpo parla e
racconta delle sue corrispondenze sui tre piani: fisico, mentale e spirituale.
Allo stesso modo possiamo spingerci ad analizzare alcune corrispondenze ed
analogie della forma dell’apparato respiratorio che assomiglia ad un albero
rovesciato. La respirazione è una funzione di scambio e noi uomini siamo in una
stretta relazione di con gli alberi: l’albero assorbe anidride carbonica e restituisce
ossigeno, la fonte della nostra vita, l’albero assorbe energia per trasformarla in cibo,
in materia (linfa) tramite il processo della fotosintesi, l’uomo fa esattamente
l’opposto assorbe ossigeno ed emette anidride carbonica, assorbe il cibo e lo
trasforma in energia. Queste analogie legate alla forma e alle funzioni ci possono
ulteriormente confermare l’importanza della respirazione.
Sempre restando sulla simbologia dell’albero è molto interessante proporre alcuni
spunti di riflessione provenienti dagli indiani d’America.
Nell’albero vedevano l’accoglienza tramite i suoi rami ed il fogliame, meta di rifugio
per uccelli, per insetti e anche per l’uomo; vedevano la capacità di donare,
producendo i propri frutti in maniera totalmente disinteressata e gratuita (ogni frutto è
in armonia con la stagione e le sue esigenze così anche ogni stagione dell’uomo ha i
suoi frutti che bisogna imparare ad assaporare) e vedevano anche l’attesa cioè la
qualità di stare ai ritmi della natura e di crescere lentamente e impercettibilmente con
essa.
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Queste qualità dell’albero vive anche l’uomo quando possiede e si abbandona ad una
respirazione profonda e completa, che evidentemente è sinonimo di apertura.
Con lo Yoga entriamo in contatto con una scienza del respiro antichissima, detta
Pranayama, che con tecniche mirate interviene sui tre aspetti fondamentali
dell’uomo: corpo, mente e spirito.
Lavorare e canalizzare il respiro vuole dire evolversi e crescere e, dunque, migliorare
il nostro stato di salute psicofisico. Respirare coscientemente significa anche entrare
in relazione: il respiro è sinonimo di scambio, scambio tra il dentro (noi stessi) e il
fuori (l’altro, l’ambiente e il mondo spirituale).
La struttura fisica del movimento respiratorio ci insegna anche che inspirazione ed
espirazione non si possono fondere, ma sono complementari e non possono esistere
l’una senza l’altra. Come in una sana relazione, che per essere armonica non
dovrebbe mai farci perdere il contatto con noi stessi e la nostra identità pur stando
con l’altro in un rapporto di bene e di amore.
Nell’antica tradizione dello yoga si utilizzano le tecniche di respirazione per
“catturare” e canalizzare l’energia vitale, detta prana, attraverso i recettori del naso.
Questa energia è sinonimo di vita, essa regola tutte le funzioni del corpo, porta salute
e benessere sui tre piani dell’essere umano.
Come tutte le forme di energia che si manifestano sulla Terra anche la respirazione ha
due polarità, una positiva, detta Rajas, e una negativa chiamata Tamas.
Rajas è la legata alla forza del maschile, alla parte razionale e attiva, all’energia
propositiva della trasformazione e dell’apertura all’altro; questa energia viene
assorbita nell’uomo attraverso la narice destra.
Tamas è legata alla forza del femminile, alla parte creativa dell’essere, di
connotazione “passiva”, legata all’abbandono e all’accoglienza; questa energia viene
catturata attraverso la narice sinistra.
Con le tecniche di respirazione yoga non si influenza soltanto la condizione del corpo
fisico, ma anche il corpo cd. “sottile”, che gli antichi insegnamenti ci dicono essere
formato da 72.000 canali energetici, detti Nadi. Durante la pratica yoga si tengono in
considerazione fondamentalmente i tre canali principali: Pingala, Ida e Susuma.
In Pingala circola Rajas, l’energia maschile, che termina proprio nella narice destra;
in Ida, che termina nella narice sinistra, circola Tamas, l’energia femminile. Al centro
della colonna vertebrale è presente il canale centrale chiamato Susuma, dove scorre
un’energia di equilibrio e stabilità che si stimola con entrambe le narici.
Esercizi specifici contribuiscono a stimolare e riequilibrare queste energie secondo le
necessità. Può essere interessante anche solo sperimentare le sensazioni di una
respirazione con una narice (chiudendo l’altra) e poi viceversa, prestando attenzione a
ciò che andiamo a “stimolare”, cioè il nostro lato attivo o il nostro lato ricettivo a
seconda che rispettivamente andremo a chiudere la narice sinistra o quella destra.
Nella tradizione yogica il respiro viene considerato non solo in due tempi, ma in
quattro, poiché oltre che alle fasi di inspirazione e di espirazione si dà rilievo alle fasi
di passaggio tra questi due movimenti: all’apice dell’inspirazione ci sarà il
“trattenimento” detto “kumbbaka” che, secondo quelle antiche conoscenze, ha
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effetto sul nostro piano mentale; al termine dell’espirazione ci sarà il “vuoto” detto
“sunyaka”, che incide sul piano fisico.
L’attenzione sulle diverse fasi durante la pratica di esercizi specifici è molto
importante in quanto la consapevolezza porta luce e alimento nella nostra evoluzione
personale.
Come ulteriore spunto di riflessione per avvicinarci alla profondità racchiusa in questi
antichi insegnamenti (che qui stiamo solo accennando) prestiamo attenzione a ciò che
possono anche simboleggiare i quattro tempi della respirazione: 1) l’inspirazione è
“apertura” perché il nostro sistema, portando all’interno l’aria, si apre al mondo
esterno, quindi inspirando accogliamo l’altro fino ad arrivare a “interiorizzarlo”; 2) il
“trattenimento” è il momento in cui facciamo spazio all’altro trattenendolo al centro
di noi stessi dandogli valore e importanza (pensiamo a quando assorbiamo il profumo
da un fiore e ci fermiamo qualche attimo per conservarne in noi la fragranza); 3)
l’espirazione è il momento in cui ciò che è in noi esce e quindi andiamo verso l’altro
e ci doniamo all’esterno e all’altro; 4) l’apnea vuota è il momento in cui noi siamo
assenti e abbiamo così la possibilità di prendere coscienza dell’altro così come egli è.
La pratica regolare della respirazione completa (pancia, torace e sotto-clavicolare)
indurrà anch’essa profonde trasformazioni sia sul piano personale che sul piano
relazionale.
Portare l’attenzione alla respirazione “bassa” secondo le antiche tradizioni ci mette in
relazione con l’ambiente e la natura: è la respirazione del piano fisico, del
“radicamento”, della parte concreta e materiale dell’essere.
Portare l’attenzione alla respirazione “toracica” ci mette invece in contatto con le
dinamiche relazionali e incide sul piano mentale.
Con l’attenzione alla respirazione “alta” saremo messi più facilmente in relazione con
il piano divino, perché influenza gli aspetti di carattere più spirituale dell’essere
umano.
Nelle pratiche di respirazione yoga è molto importante porsi in un atteggiamento
comodo e il più possibile rilassato, mantenendo la schiena eretta (non rigida) per
favorire la circolazione del prana.
* * *
Il Respiro è fonte di Vita e ne racchiude la naturalezza e l’infinita profondità.
Le tecniche di respirazione ci consentono di sperimentare noi stessi e di trasformarci
attraverso l’apertura a ciò che ci circonda e di cui siamo parte ed essenza stessa.
Il benessere che ritroveremo da subito sarà il primo segno di questo cammino di
riscoperta di noi.
Marc Candoli
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